Decreto Legge 8 Aprile 2020, n.23: le misure introdotte in materia di Diritto Fallimentare, riduzione del Capitale Sociale, redazione del Bilancio e Finanziamenti Soci

Il 6 aprile 2020, il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto Legge n. 23 dell’ 8 aprile 2020, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 94 dell’8 aprile 2020 (di seguito, il “Decreto[1]) che ha introdotto, tra le altre, disposizioni urgenti finalizzate a preservare la continuità aziendale delle imprese (anche introducendo disposizione temporanee volte a sospendere l’applicazione di determinate disposizioni in materia di crisi e insolvenza)  e ad agevolare il buon fine dei procedimenti pendenti di concordato preventivo ovvero per gli accordi di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’articolo 182bis della Legge Fallimentare, in conseguenza della situazione di emergenza derivante dall’epidemia di Covid-19.

In tale quadro, il Decreto ha adottato anche talune misure relative agli oneri di ricapitalizzazione delle società di capitali, ai principi di redazione del bilancio ed al regime di postergazione dei finanziamenti dei soci.

Nel seguito, in sintesi, le principali novità introdotte in materia dal Decreto.

Articolo 5   (Differimento dell’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14) L’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa è differita al 1° settembre 2021 in quanto ritenuto incompatibile con la gravissima crisi economica mondiale derivante dall’emergenza dell’epidemia di Covid-19 e, pertanto, gli indicatori non potrebbero svolgere alcun concreto ruolo selettivo, finendo di fatto per mancare quello che è il proprio obiettivo ed anzi generando effetti potenzialmente sfavorevoli. Il (maggior) differimento così disposto avrebbe dunque effetto integrale, assorbendo e superando quello già previsto (al 15 febbraio 2021) con il precedente decreto legge n. 9 del 2.3.2020 (art.11)relativamente ai soli obblighi di segnalazione interna ed esterna di cui agli articoli 14 e 15 CCII. Sebbene tale integrale differimento appaia opportuno, anche al fine di consentire di allineare il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza alla emananda normativa di attuazione della Direttiva UE 1023/2019 in materia di ristrutturazione preventiva delle imprese in via di emanazione, è ipotizzabile ritenere che tale “formale rinvio” venga poi utilizzato per una parziale  riscrittura di alcune parti del testo del Codice della crisi d’impresa da parte del Legislatore. In una situazione in cui il sistema economico globale è stato colpito da una profonda crisi, infatti, gli indicatori precedentemente individuati potrebbero non avere la portata pratica che a suo tempo si voleva perseguire. Basti pensare che il primo pilastro degli “indici” elaborati dal CNDCEC consiste  nel patrimonio netto positivo, che oggi è oggetto di un intervento significativo all’art. 6 di cui tratteremo subito dopo. E’ ancora da far notare che nonostante il rinvio qui esaminato,  l’entrata in vigore a step del Codice della crisi d’impresa ha fatto sì che le modifiche al Codice Civile che ne fanno parte integrante siano entrate già in vigore; pertanto, è da ritenere che resta fermo, ai sensi dell’articolo 2086 del Codice Civile, l’obbligo in capo agli amministratori di predisporre adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili, specificamente orientati alla nuova situazione, che consentano anche il monitoraggio costante delle situazioni di crisi e, ragionevolmente, di attivarsi per l’adozione e l’attuazione di misure per il superamento della crisi stessa e il recupero, compatibilmente con la situazione attuale, della continuità aziendale anche mediante gli strumenti previsti dall’ordinamento.
Articolo 6   Riduzione del capitale sociale Dall’ 8 aprile 2020 al 31 dicembre 2020, per la perdita di capitale verificatasi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data, non si applicano le disposizioni del Codice Civile di cui agli articoli 2446, commi II e III, e 2447 (per le S.p.A.) e 2482bis, commi IV, V e VI e 2482ter (per le S.r.l.) in materia di “obblighi di riduzione del capitale per perdite e al di sotto del limite legale” (con contestuale obbligo di aumento), né la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale. Le relazioni tecnica e illustrativa precisano che lo scopo è quello di evitare una impropria esposizione degli amministratori della società alla responsabilità per gestione non conservativa ex articolo 2486 del Codice Civile. Segnaliamo per completezza che l’articolo in esame non ha previsto invece la sospensione dell’obbligo, in capo agli amministratori (sia di S.p.a. che di S.r.l.), di convocare tempestivamente l’assemblea dei soci (anzi, ci pare corretto ritenere che tale adempimento debba, a maggior ragione vista la situazione, essere eseguito) in caso di riduzione del capitale sociale per oltre un terzo in ragione di perdite (si continuano ad applicare le disposizioni del Codice Civile di cui all’articolo 2446, comma I, e 2482bis, commi I, II e III). Tuttavia, per il periodo compreso tra la data di entrata in vigore del Decreto (i.e. 9 aprile 2020) ed il 31 dicembre 2020, l’assemblea: (i) non sarà tenuta ad adottare i provvedimenti altrimenti previsti ai sensi di legge (i.e. eventuale formale riduzione del capitale, ricapitalizzazione ovvero liquidazione ovvero ancora, a seconda dei casi, trasformazione), e (ii) sarà naturalmente legittimata ad adottare le misure previste dall’articolo 2446, comma I, del Codice Civile. Va precisato, che è ragionevole ritenere che l’obbligo di convocazione dell’assemblea debba essere rispettato anche nel caso in cui la società versi nelle condizioni di cui all’articolo 2447 del Codice Civile sebbene la norma non lo preveda espressamente. Sembra infatti che, al di là della portata degli obblighi di riduzione del capitale o di ripianamento delle perdite, sia necessario che i soci siano avvertiti della situazione da parte degli amministratori. Pare dunque da ritenere che tale norma debba essere interpretata estensivamente a tutte le perdite verificatesi nel periodo di emergenza epidemiologica e, pertanto, non solo a quelle perdite direttamente derivanti dal Covid-19 (anche, e non solo, perché risulterebbe difficile determinare con certezza quali perdite possano essere riferite alla crisi emergenziale, e quali no). Più difficile invece è offrire un’interpretazione univoca del riferimento alla “verificazione” delle perdite: nel senso cioè di stabilire se l’esenzione dell’obbligo di ripianamento e di inoperatività della causa di scioglimento ai sensi dell’articolo 2447 del Codice Civile, sia riferita alle perdite che si “maturano” nell’esercizio 2020 o si estenda a quelle che, “maturate” nel 2019, si “accertano” con la redazione (ad esempio nell’aprile/maggio 2020) con l’approvazione del bilancio di esercizio del 2019. L’interpretazione che vuole che, in caso di riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, le perdite risultanti dal bilancio dell’esercizio chiuso al 31.12.2019 siano da ripianare e quindi, che siano da considerarsi escluse dal “congelamento” dell’applicazione delle norme del Codice Civile previsto dal Decreto in quanto “maturate” anteriormente alla norma che stiamo esaminando, sembra tradire la ratio della norma, che appare diretta ad esonerare le imprese dall’onere di ripianamento nel periodo di emergenza, che costituirebbe uno sforzo aggiuntivo rispetto allo stress finanziario cui sono sottoposte. Sembra maggiormente coerente con lo spirito della norma ritenere indifferente l’origine delle perdite –siano esse conseguenti o meno alla emergenza epidemiologica, sempre che si possa veramente distinguerle –  dovendosi invece tenere conto  del momento in cui sarebbero da ripianare.
Articolo 7   Redazione dei bilanci Viene previsto che, nella redazione dei bilanci di esercizio in corso al 31 dicembre 2020, la valutazione delle voci in prospettiva di continuità aziendale può essere operata se la continuità risultava sussistere nell’ultimo bilancio chiuso in data anteriore al 23 febbraio 2020. Tale criterio dovrà essere illustrato nella nota informativa anche mediante il richiamo delle risultanze dell’esercizio precedente. La disposizione si applica anche ai bilanci chiusi prima del 23 febbraio 2020, ma non ancora approvati. La norma intende evitare che, a causa della situazione di crisi verificatasi, numerose imprese si trovino costrette a redigere i bilanci senza una corretta proiezione della continuità aziendale e mira a favorire la tempestiva approvazione dei bilanci, ferma restando la proroga di sessanta giorni per la loro adozione, già accordata dal precedente decreto legge n.18/2020 (art.106).
Articolo 8   Finanziamento dei soci – deroga alla postergazione Tale norma prevede la temporanea disattivazione dei meccanismi di postergazione dei finanziamenti effettuati – nel periodo compreso tra il 9 aprile ed il 31 dicembre 2020 –  dai soci o da chi esercita attività di direzione e coordinamento. La ratio degli articoli 2467 e 2497quinquies del Codice Civile, risulta, alla luce dell’emergenza e della conseguente crisi generatasi, eccessivamente disincentivante a fronte di un quadro economico che necessita invece di agevolare l’intervento dei soci nell’accrescimento dei flussi di finanziamento.
Articolo 9   Concordato preventivo e Accordi di ristrutturazione L’articolo 9 prevede alcune misure in materia di procedure di concordato preventivo e accordi di ristrutturazione dei debiti ex articolo 182bis Legge Fallimentare, al fine di evitare che la situazione di crisi possa vanificare il buon esito delle procedure avviate prima dell’insorgenza dell’emergenza epidemiologica. In sintesi: vengono prorogati di sei mesi i termini di adempimento relativi a concordati preventivi e ad accordi di ristrutturazione del debito già omologati, aventi scadenza nel periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 ed il 31 dicembre 2021;con riferimento ai procedimenti di omologa dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione dei debiti ancora pendenti alla data del 23 febbraio 2020: (i) il debitore potrà presentare, sino all’udienza fissata per l’omologa, istanza al tribunale per la concessione di un termine non superiore a novanta giorni per il deposito di un nuovo piano e di una nuova proposta di concordato preventivo oppure di un nuovo accordo di ristrutturazione[2]; e (ii) il debitore potrà optare per una soluzione più snella, consistente nella modifica unilaterale dei termini di adempimento originariamente prospettati nella proposta e nell’accordo. Il differimento dei termini non può essere superiore a sei mesi rispetto alle scadenze originarie previste.viene introdotta facoltà di chiedere una ulteriore proroga – fino a novanta giorni – di cui si può avvalere il debitore che, alternativamente abbia (i) già ottenuto la concessione del termine di cd. “pre-concordato” ai sensi dell’articolo 161, comma VI, Legge Fallimentare ed abbia già beneficiato della proroga “ordinariamente” prevista ai sensi di legge; ovvero (ii) ottenuto la concessione del termine di “automatic stay” ai sensi dell’articolo 182bis, comma VII, Legge Fallimentare in pendenza di trattative per la stipula dell’accordo di ristrutturazione. Anche in caso di proroga, resta fermo il divieto per i creditori per titolo o causa anteriore di iniziare e/o proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore. Trattandosi di una mera dilatazione degli originari termini, troverà per il resto applicazione la disciplina prevista per l’automatic stay, a cominciare dai commi VII e VIII dell’articolo 161.
Articolo 10   Disposizioni temporanee in materia di ricorsi e richieste per la dichiarazione di fallimento e dello stato di insolvenza L’articolo 10 dispone l’improcedibilità dei ricorsi e delle richieste per la dichiarazione di fallimento e dello stato di insolvenza depositati nel periodo tra il 9 marzo 2020 e il 30 giugno 2020[3]. In tale periodo sono quindi improcedibili: le istanze di fallimento ex articolo 15 Legge Fallimentare (ivi comprese quelle di “autofallimento”), con la sola eccezione delle istanze di fallimento presentate dal Pubblico Ministero riguardanti la richiesta di emissione di provvedimenti cautelari o conservativi ai sensi dell’articolo 15, comma VIII, Legge Fallimentare; i ricorsi per la dichiarazione dello stato di insolvenza nell’ambito dell’amministrazione straordinaria ex art. 3, d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270, rimanendo dunque procedibili i ricorsi per la dichiarazione dello stato di insolvenza nell’ambito delle procedure di amministrazione straordinaria ai sensi della cd. Legge Marzano;i ricorsi per la dichiarazione dello stato di insolvenza delle imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa con esclusione del fallimento, ai sensi dell’articolo 195 Legge Fallimentare.   Allo scopo di evitare che le norme introdotte dal Decreto precludano irreversibilmente la proposizione delle istanze nei confronti delle imprese cancellate pregiudichino l’esperimento delle azioni revocatorie o leda la tutela della par condicio creditorum, il secondo comma della norma in commento prevede, per il caso in cui successivamente sopravvenga comunque la dichiarazione di fallimento, la sterilizzazione del periodo di blocco, sia ai fini del calcolo dell’anno decorrente dalla cancellazione dal registro delle imprese, sia ai fini del calcolo dei termini decadenziali stabiliti dall’articolo 69bis Legge Fallimentare, per la proposizione delle azioni revocatorie.

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Lo studio resta a disposizione per ogni eventuale chiarimento in merito al Decreto ed ai recenti interventi governativi.


[1] Il Decreto potrà essere oggetto di modifiche durante il procedimento di conversione.

[2] Tale istanza è però inammissibile se presentata nell’ambito di un procedimento di concordato preventivo nel quale si è già svolta l’adunanza dei creditori all’esito della quale non sono state raggiunte le maggioranze necessarie per l’approvazione del concordato.

[3] Tale norma si applica anche ai ricorsi di fallimento in proprio da parte degli imprenditori.

Avv. Pier Luigi Morara
Partner
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